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Ciao, sono Martina.

Per prima cosa, voglio ringraziarti per il tempo che dedicherai alla lettura di questa pagina. Nel mondo iperveloce dei social sembra sempre che nessuno di noi abbia voglia di fermarsi un attimo, stoppare lo scrolling e prendersi del tempo per esserCI totalmente, qui ed ora, senza la smania di passare alla prossima story. Quindi, se sei arrivat* qui e mi stai dedicando un po’ della tua attenzione, grazie.

Il tema del rallentare per me si lega profondamente a quello dell’ascolto di sé. Entrambi sono aspetti fondamentali dello yoga in cui io credo molto e che stanno alla base del mio lavoro e della mia filosofia di insegnamento.

Non sono poche le persone che dicono di aver avuto un primo approccio non proprio positivo con lo yoga e ciò non mi sorprende. Spesso ci si trova in sala senza avere nessuna consapevolezza di quello che si sta facendo sul tappetino. Non mi fraintendere, in parte è normale che sia così perché yoga è una disciplina che ha alle spalle millenni di storia, quindi nessuno può pretendere di comprenderne a pieno tutte le sfumature: ci sarà sempre qualcosa che ti rimarrà oscuro. Tra l’altro, ci tengo sempre a specificare che lo yoga non si “comprende” con l’intelletto, si vive e si sperimenta facendolo diventare un lavoro su se stessi a 360 gradi (non a caso ho chiamato uno dei miei percorsi online “Yoga 360”). Tuttavia, io stessa diverse volte mi sono trovata a sentirmi fuori luogo in una sala yoga, proprio perché troppo spesso si tende a bypassare completamente il livello della consapevolezza, gli insegnanti NON guardano le persone, NON creano le condizioni sufficienti per far sentire accolti, capiti, guidati. Questo fa sì che molte persone finiscono per allontanarsi dallo yoga, sentendosi inadeguate.

Io credo tantissimo in questo lavoro e il mio obiettivo in assoluto più importante è fare in modo che tutte le persone che praticano con me possano sentirsi a casa nel proprio corpo. La prima cosa che dico sempre quando una persona nuova entra nel gruppo è di lasciar perdere totalmente la performance, di non approcciarsi alla pratica con l’ego a mille ma piuttosto con la volontà di ascoltarsi e lasciarsi andare. A me interessa davvero poco riprodurre le posture da manuale - quelle poi arrivano col tempo e con naturalezza quando il terreno è fertile perché il corpo si sciolga un passo alla volta, come conseguenza di un lavoro interiore e non come fine ultimo dello stare sul tappetino. E infatti lo dico sempre: lo yoga inizia sul tappetino e continua nella vita, nelle piccole cose quotidiane, nel modo in cui affrontiamo la realtà, reagiamo, sentiamo, viviamo. La pratica è un mezzo per arrivare a sé stessi, uno strumento di conoscenza che si coltiva pian piano.

 

Ovviamente ci vuole tempo per questo. Un’altra cosa che dico sempre è di sforzarsi di non avere aspettative, perché sarebbe come fare il Cammino di Santiago pensando di uscirne “una persona nuova” per poi, puntualmente, rimanere delusi dal fatto che no, non c’è nessuna trasformazione.

Tutte queste riflessioni che fanno parte del percorso di yoga vanno stimolate e guidate dall’insegnante, questo è il suo ruolo oltre ad assicurarsi (ovviamente) che il corpo tragga beneficio dalla pratica e che non ci si faccia male. A questo punto sta a te, se senti che è il momento giusto per iniziare, provare a intraprendere questo cammino di scoperta che parte dal corpo. Se vorrai scegliermi per guidarti, io sono qui e sono a disposizione per una chiacchierata per conoscerci (cosa che mi piace fare sempre, con tutti, prima di iniziare un percorso. Trovo che sia fondamentale altrimenti sarebbe tutto troppo impersonale e asettico). 

Un abbraccio

Martina

Chi sono

Mi chiamo Martina Carrubba e sono un'insegnante certificata RYT (Registered Yoga Teacher - Yoga Alliance International).

Mi avvicino allo yoga e alla meditazione nel 2015 e negli anni continuo ad approfondire le mie conoscenze e affinare la mia pratica. Nel 2020 decido di coltivare in modo ancora più profondo lo studio di questa disciplina e inizio un percorso di formazione insegnanti, conseguendo nel 2021 la certificazione Yoga Alliance RYT 200h presso la BehrangYoga – International Yoga Schooll. Il mio approccio all’insegnamento è un invito alla riscoperta del proprio corpo attraverso il movimento e all’astensione da ogni forma di giudizio. Oltre a proporre un lavoro integrato su forza, elasticità, flessibilità e consapevolezza del respiro, ritengo fondamentale accompagnare trasmettere elementi di filosofia dello yoga per vivere la pratica con una maggiore consapevolezza e non solo come una forma di allungamento. Credo nella contaminazione tra più stili di yoga, integrando nella pratica del Vinyasa Flow elementi di Power, Hatha Yoga e Pranayama.

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La mia storia 

Quando, alla fine del 2015, per pura curiosità mi trovo a muovere i miei primi passi sul tappetino, non ho idea che cosa sia realmente lo yoga. Vengo da un periodo difficile in cui la mia vita era stata piuttosto sedentaria ed ero in cerca di un modo per ricominciare a muovere il mio corpo dopo un lungo periodo di inattività. E' per questo che comincio a praticare senza particolari aspettative e senza sapere assolutamente nulla di asana, allineamento o delle filosofie dell'India. Gradualmente e con naturalezza, lo yoga entra a far parte della mia routine e delle mie giornate. Ci sono voluti anni per arrivare alla piena consapevolezza della profondità e del potere trasformativo di questa pratica.

Man mano che il mio corpo acquisisce forza e flessibilità, mi accorgo che sta cambiando anche il mio modo di vedere il mondo, e così i miei valori e le mie priorità. Nel 2020 sento il bisogno di scavare ancora più a fondo e decido di investire nel mio primo Teacher Training per diventare insegnante.

Oltre che una tappa fondamentale per il mio percorso formativo, il Teacher Training si rivela una preziosissima fonte di liberazione e cambiamento che mi apre la strada (e gli occhi) verso nuove prospettive.

Da quando siamo bambini ci viene insegnato che nella vita è importante accumulare. Sapere, conoscere, imparare. Crescendo poi accumuliamo cose con cui cerchiamo disperatamente di identificarci. A nessuno viene in mente che oltre a imparare bisognerebbe sapersi svuotare. Per riconoscere che, per quanto siamo piccoli e insignificanti, tutto è presente in noi. Che qualsiasi oggetto, persona o ambizione con cui ci sforziamo di definire la nostra identità non è importante, perché niente può sostituirsi alla verità del Sé.

Questo percorso mi ha fatto sentire una cipolla. Sono arrivata con i miei mille strati, senza sapere che mi appesantivano. A ogni lezione trasportavo il mio intero mondo – i miei strati, i miei vestiti – pensando che andando avanti avrei capito e avrei messo a posto quelle parti di me che ancora mi risultavano sconosciute. 

Poi un giorno è successa una cosa molto importante: ho smesso di desiderare di capire. Ho cominciato a sciogliermi, a lasciare andare, ad abbandonarmi. Mi sono spogliata di uno strato alla volta, la mia cipolla rotonda è diventata un ramoscello sottile con un cuore pulsante di vita. Non serviva altro; serviva solo essere nudi ed mettersi in ascolto.

La mia filosofia

Crescere nella pratica significa anzitutto entrare nell'ottica che quel che comunemente definiamo ‘yoga’ non si limita alla mera esecuzione di posizioni sul tappetino: il tappetino è solo un un inizio, un primo semino che se coltivato consapevolmente si prolunga nella vita reale, permeandone ogni aspetto, illuminandola. Per questo ai miei allievi cerco di trasmettere che lo yoga ha a che fare con l’amore. Pian piano, lo yoga diventa una pratica totale attraverso cui l’amore a 360 gradi trova spazio per realizzarsi e prendere vita.

Lo yoga dovrebbe insegnare che non è necessario predisporre la propria vita sulla base di obiettivi da raggiungere; non è necessario un percorso lineare che vada da un punto A ad un punto B per essere completi. Ognuno di noi infatti ha già dentro di sé tutti gli strumenti per fiorire, senza bisogno di dover ‘diventare’ qualcos’altro. Questo concetto fondamentale è stato uno tra i più difficili per me da comprendere, poiché totalmente lontano da tutto ciò che siamo abituati a sentire: devi migliorarti! Devi cambiare! Devi essere migliore! Devi fare di più, se vuoi raggiungere x obiettivi ed essere finalmente la versione migliore di te stesso!

Come cerco di trasmettere tutto questo a chi si approccia allo yoga?  L’unico modo possibile è donarsi: prima, durante e dopo la lezione, in modo che l’allievo inizi a percepire sin da subito che lo yoga non si conclude quando finisce la classe. Ma che significa donarsi? Ogni insegnante è diverso, naturalmente, e dunque non esistono valori e qualità universalmente valide. Ecco le mie:

  • Accettazione e astensione dal giudizio. La pratica deve essere un mezzo per imparare a stare bene e sentirci bene nel nostro corpo, non una lotta contro sé stessi per raggiungere obiettivi impossibili. Quando si parte con l’idea illusoria che bisogna arrivare ad eseguire determinate posizioni in un certo lasso di tempo (‘entro un mese devo riuscire a fare la spaccata’, ‘entro tre mesi devo imparare a stare in equilibrio sulla testa’, e così via) si sta già perdendo di vista il vero scopo della pratica: la serenità interiore, che si realizza soltanto attraverso l’assenza dell’ego. Quando costringiamo il nostro corpo ad andare oltre le sue naturali possibilità, o ci colpevolizziamo perché non riusciamo ad eseguire questa o quell’altra posizione, non stiamo facendo yoga ma solo accrescendo il nostro ego. Il compito dell’insegnante è far capire all’allievo l’importanza di rispettare e amare il proprio corpo e in questo modo favorire una naturale progressione della pratica che sia il più possibile libera dai condizionamenti dell’ego e dall’illusione di un corpo perfetto, ‘adeguato’ ai presenti requisiti della pratica. Non giudicare l’allievo, ma guidarlo e sostenerlo attraverso il suo percorso individuale, è il primo passo per creare una pratica consapevole che vada oltre l’esecuzione meccanica sul tappetino.

  • Dedizione e cura. Ho scelto questo percorso per abbandonare l’ego e dedicarmi al benessere altrui. Per questo è fondamentale far sentire chiunque venga da me a casa, accoglierlo come farei con un vecchio amico, qualunque sia la sua storia. Ognuno porta con sé un bagaglio di esperienze che necessariamente entreranno nel suo modo di rapportarsi al proprio corpo, alla pratica, alla relazione con l’altro. L’insegnante accoglie tutto questo senza giudizio e resta sempre predisposto all’ascolto.

  • Dialogo. Lo yoga non è una scienza esatta e l’insegnante non detiene una conoscenza assoluta e immutabile della materia. Per questo è importante essere aperti al dialogo e non imporre mai un’unica visione delle cose. Ogni lezione deve essere un’occasione di dialogo e confronto, anche in relazione al fatto che non esiste l’asana perfetto, ogni posizione può e deve cambiare in base alle caratteristiche di ogni corpo in modo da essere fluida e ‘comoda’.

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